Archeologia industriale Itinerari

Villaggio Crespi d’Adda

Il Villaggio di Crespi d’Adda si configura come modello di studio per le molteplici aree di sicuro interesse legate all’architettura, all’urbanistica e per le implicazioni sociologiche ed economiche.

La sua conformazione originaria è pressoché intatta fatta eccezione per le poche modifiche avvenute intorno al 1925 a conferma di come l’opera costruttiva fosse strutturalmente ben inserita e studiata nel suo contesto topografico e funzionale alle logiche del suo fondatore.

A ciò si aggiunge il fatto che il sito del villaggio Crespi d’Adda, è sempre stato contraddistinto dalla costante mono-produttiva, ossia la destinazione d’uso è rimasta quella del cotonificio o della manifattura tessile, e da una limitata crescita del nucleo abitativo originale, conservando inalterato l’equilibrio ambientale.

Un esempio di esperimento autarchico ispirato ad intenzioni socio umanitarie, e caratterizzato da rigide norme moralistiche frutto di un compromesso tra interessi del capitalismo industriale e  tensione utopistica verso comunità ideali, un concetto che porterà il villaggio operaio ad essere recepito come “modello” di insediamento. 

LA STORIA DEL VILLAGGIO CRESPI D’ADDA

Il villaggio Crespi sorge sull’Adda vicino a Capriate a soli 15 Km da Bergamo.

Cristoforo Benigno Crespi nel 1875 decide di acquistare il terreno dove immagina di costruire il suo cotonificio e tutt’attorno le abitazioni degli operai.

Lo studio del sito e del potenziale umano da investire nel lavoro sono decisive, il paese abbonda di energia idrica (in principio non esistevano ancora le macchine elettriche e gli alberi di trasmissione) e di manodopera che viene reclutata dalle campagne, gente abituata al lavoro e non proletarizzata, altro elemento favorevole è la vantaggiosa condizione tariffaria goduta da questo settore di attività.

L’ideazione si muove sulla scorta degli esempi europei e americani ma determinante è il ruolo del figlio di Crespi che, al ritorno da un soggiorno in Inghilterra, pubblica la pianta del villaggio (all’interno di un volume edito da Hoepli 1894), e si adopera ad ampliare la fabbrica dando così vita al progetto di una cittadella industriale.

Esiste a tal proposito la mappa catastale risalente al 1898 depositata presso l’archivio notarile di Bergamo.

Le abitazioni degli operai e le diverse strutture sociali, sono infatti concentrate attorno alla fabbrica e al castello (villa padronale), ovvero l’abitazione della famiglia Crespi sorta tra il 1893 e il 1894. La residenza padronale venne decorata con stemmi gentilizi, fregi zoomorfi, bifore e trifore neoromantiche.

Al centro la fabbrica con le sue poderose ciminiere, circondata dalle case degli  operai, case condominiali, villette uni o bifamiliari per le quali veniva pagata la pigione trattenuta sulla busta paga del capofamiglia.

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Alla periferia del nucleo principale, sorsero abitazioni di miglior pregio, in totale cinque, dotate di giardino con recinto attorno e destinate agli impiegati e ai capireparto. Otto le palazzine per i dirigenti, ampie, su tre piani, circondate a verde.
Tra le strutture comuni la scuola, gestita da maestre stipendiate dai Crespi, l’asilo, affidato ad un istituto di suore, la cooperativa di consumo, l’ambulatorio e la chiesa.

In ultimo il cimitero, nel quale sorge imponente il Mausoleo dei Crespi strutturato come una piramide a gradoni, circondato dalle tombe dei dipendenti, piccole croci disposte a distanza regolare sul prato all’inglese. Per il progetto venne indetto nel 1896 un concorso pubblico per mezzo dell’Accademia di Brera di Milano. Si scelse infine la proposta dell’Architetto Gaetano Moretti.

IL FENOMENO DEI VILLAGGI OPERAI

Sul finire del XIX secolo le industrie tessili furono l’avanguardia nel ridisegnare i nuovi assetti della fabbrica in Italia.

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Nonostante qualche precedente settecentesco, la fondazione e lo sviluppo del villaggio operaio come residenza dei dipendenti delle industrie extra-urbane come pure dello stesso proprietario della fabbrica, è un tipico fenomeno del secolo passato riguarda sia temi di edilizia popolare che di archeologia industriale.

Molta storiografia recente, situa alle origini dei villaggi industriali di fondazione del XIX secolo la contemporanea letteratura utopica; in realtà l’ipotesi potrebbe essere rovesciata, la cronologia lo consente, indicando nella prassi dei capitani di industria, che attraversavano il loro periodo epico ed erano persuasi del loro ruolo palingenetico, il momento archetipico degli scritti utopici e romanzeschi.

Ne sono esempio l’esperimento di Robert Owen a New Lanark (1784), come pure Styal di Samuel Greg (Quarry Bank) nove miglia a sud di Manchester ed altri ancora. Nella trattazione manualistica sullo scorcio del secolo l’edilizia operaia ricorre come una delle categorie progettuali del professionista ottocentesco

Il villaggio operaio è in senso proprio espressione del filantropismo imprenditoriale del XIX secolo, di quella sorta di “utopia socialista del capitalismo”.La formula con la quale si esprimeva l’intenzione filantropica degli imprenditori-proprietari, era universalmente quella di elevare sia moralmente che materialmente la condizione delle classi meno fortunate.

Villaggi operai in Italia , Einaudi Editore, 1981, pg. 40-42, 86

per approfondimenti sul villaggio Crespi si rimanda al sito ufficiale qui

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