Architettura Flipbook

Case Popolari di Bollate

LE STORTURE DELL’ARCHITETTURA

Case popolari di Bollate via Turati, 160 appartamenti di edilizia popolare distribuiti su otto scale nel centro della cittadina. Cornicioni che cadono, crepe sui muri, camere che si allagano quando piove, queste le condizioni denunciate ed evidenti di quello che gli stessi inquilini definiscono come “Alcatraz”.

Tutto questo poteva essere demolito già dal 2004 quando grazie ai «contratti di quartiere» per il risanamento delle periferie degradate finanziati dal ministero delle infrastrutture, venne scritto a più mani da inquilini, Aler, Comune e sindacati il progetto di riqualificazione e conseguente demolizione.
Il benemerito progettista, professor Guido Canella, uno degli esponenti più rappresentativi dell’ architettura italiana degli anni Settanta, venne a conoscenza dell’ intenzione di distruggere la «stecca» e chiese, ottenendolo, il riconoscimento del diritto d’ autore sulla sua «creatura» da parte del ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza per i Beni Architettonici.
Alcatraz non poteva più essere demolita perché opera d’ arte!
Qualcuno ha avuto l’ardire di definirlo come uno “stile che si ispira a quello delle cascine lombarde”.

IL PROGETTO DELLE CASE POPOLARI DI BOLLATE

Guido Canella, classe 1931, professore ordinario di Composizione architettonica e urbana al Politecnico di Milano, è stato uno dei grandi nomi dell’ architettura italiana.
Progettò il complesso delle case popolari di Bollate nel 1974 completato negli anni ’80, all’epoca fu considerato all’ avanguardia dal punto di vista sia architettonico sia sociale: due edifici che si fronteggiano, di due e cinque piani, con ampi portici aperti per favorire l’ aggregazione tra gli inquilini. I minialloggi della «stecca» più bassa (che il contratto di quartiere prevedeva di conservare) avrebbero dovuto ospitare gli anziani di Bollate e i giovani operai dell’ Alfa Romeo.

«Poi non se ne fece più nulla, spiegò l’architetto. Oggi il complesso è in pessime condizioni. Ma buttarlo giù no, sarebbe un errore ed un oltraggio».
Franco Salvador, che ha seguito il progetto delle case popolari di Bollate per l’ Aler, sostiene che la demolizione è la via più economica.

A completare il quadro beffardo della situazione, basti pensare a quale corrente architettonica si ispirò il Canella nel concepire la sua tanto difesa opera: il brutalismo.
Il brutalimo è una corrente nata nel 1954 con Le Corbusier, il pioniere del genere brutalista che, costruiva edifici con la tecnica del cemento a vista (ovvero non intonacando e non rivestendo le superfici).

Il termine francese beton brut “cemento grezzo” introduce il concetto di non nascondere le imperfezioni del manufatto con il rifiuto di un abbellimento fine a sé stesso. Per un piglio architettonico che mira ad esaltare la forma, si perde di vista il contenuto, ossia chi ci abita, rovesciando così il concetto di funzionalità: L’opera che doveva essere un bene funzionale è divenuta “il bene” da preservare a scapito di coloro per cui è stata concepita.

Con il passare degli anni prorpio di fronte alle fatiscenti case popolari, si è deciso di costruire l’Urban Centre, un enorme complesso nato dalla distruzione di una piazza ben conservata e funzionale, per maggiori dettagli si veda questo articolo